RIPRENDIAMOCI TUTTO! Occupazione Aula Tutor, Facoltà di Agraria, Via Fanin 51.
Oggi diamo inizio a questa tre giorni di occupazione per riprenderci uno spazio di libertà all’interno della nostra Facoltà di Agraria. Tre giorni di occupazione come primo passo, per dimostrare la nostra determinazione ad ottenere un’aula per noi necessaria.
Un nuovo spazio all’interno dell’Alma Mater all’insegna dell’autogestione e della libera socialità. Uno luogo aperto a tutti gli studenti che si estranea da una logica che ci vorrebbe meri automi da riempire di nozioni e rispedire a casa alla fine delle lezioni, pronti per diventare l’ennesimo ingranaggio di una società capitalista ormai al collasso, fuori da ogni logica umana e naturale.
Vogliamo liberare uno spazio all’interno di un’Università votata al profitto e alla privatizzazione, un’isola di conflitto dentro una Facoltà immensa destinata più a catturare finanziamenti da privati e multinazionali che allo sviluppo di una cultura libera,all’insegna dell’ ecologia e a favore di tutti.
Occupiamo quest’aula perché stanchi di sbattere contro il muro della burocrazia e dei regolamenti Universitari che negano la possibilità di avere una zona di confronto e socialità a noi studenti obbligandoci a passare per metodi di delega e associativi che noi non vogliamo riconoscere. Vogliamo il diritto ad avere uno spazio libero , non tramite associazioni, non tramite elezioni, ma in quanto studenti.
Apriamo questa aula per dare la possibilità a tutti di organizzarsi, di fare assemblee,di proporre iniziative ,di rilassarsi e di creare socialità; uno spazio di vita all’interno di un posto ora sterile.
Vogliamo quest’aula per portare all’interno della nostra Facoltà un pensiero che si estranea dalle logiche di produzione e profitto che cercano di inculcarci in ogni lezione , vogliamo portare e sperimentare una cultura all’insegna dell’autogestione, all’insegna dell’ecologia, una cultura in difesa dei territori troppe volte distrutti dal cemento e dalla speculazione, una cultura all’insegna dei diritti, una cultura all’insegna delle lotte, una cultura all’insegna dell’anticapitalismo.
Il nostro vuole essere uno spazio libero in cui vivano l’uguaglianza, l’orizzontalità, l’antirazzismo, l’antisessismo e l’antifascismo; insomma un posto libero da ogni discriminazione.
La nostra occupazione è un appello per chiunque ad attraversare, utilizzare e vivere questo spazio in modo collettivo e libero dall’individualismo mercificato che questa società ci impone.
OCCUPA! AUTORGANIZZATI! RESISTI!
AULA y LIBERTAD!
PROGRAMMA!
IL NOSTRO FUTURO E’ L’UNICA GRANDE OPERA!
Siamo alla fine di questo 2012 carico di tagli alla scuola e ai diritti per ognuno di noi, ci dicono che tutto questo è a causa della crisi economica e che l’unica via di uscita sono riforme “tecniche” che ci privino di quei “privilegi” accumulati negli anni, che non possiamo più permetterci. Lo stato infatti ritiene che ci siano cose più importanti della nostra salute, della nostra cultura, dei nostri diritti sul lavoro, dell’ambiente e lo vediamo nei miliardi destinati alle spese militari, alla politica e soprattutto alle tanto necessarie GRANDI OPERE. Il vertice Monti-Hollande del 3 dicembre a Lione, ha ribadito con fermezza la volontà di portare a termine il progetto TAV di collegamento Torino-Lione. Si decide così di continuare l’enorme spreco di risorse pubbliche (550 milioni di euro al km per la tratta valsusina) e la distruzione dei territori attraversati dal super-treno. Soldi pubblici per un progetto la cui inutilità e dannosità il movimento NOTAV ha già ampiamente dimostrato, soldi pubblici che finiranno nelle tasche di lobbies politiche ed economiche dell’intero orizzonte partitico.
Nel frattempo, tra le fabbriche e i campi di gran turco del Milanese, si fa largo la costruzione della fiera EXPO 2015. Inebriati dai nuovi collegamenti ad alta velocità, i nostri soliti politici ed imprenditori vedono nel futuro di Milano un’importante occasione nella quale spartirsi un grosso bottino, proveniente dalla speculazione edilizia che verrà fatta sulla costruzione degli inutili padiglioni (che porteranno via centinaia di ettari di terreno agricolo e cittadino), dei canali idrici (con i quali si devieranno inutilmente e a caro prezzo le vie d’acqua già esistenti), delle stazioni e linee di trasporti speciali. Il tutto grazie a finanziamenti provenienti dalle casse pubbliche per la modesta cifra di 2,5 miliardi di euro.
Le contraddizioni di quest’opera-mostro sono molteplici, a partire dallo stesso tema dell’esposizione, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, attraverso il quale viene pubblicizzato un ambientalismo di facciata, portato avanti da multinazionali, le stesse che nutrono la parte grassa del pianeta, devastando e saccheggiando territori e popoli nascondendosi dietro la finta maschera del capitalismo verde. Di quest’EXPO non rimarrà che il ricordo, portato alla mente dai milioni di metri cubi di cemento versati per strutture che saranno indubbiamente lasciate a marcire, come è già avvenuto precedentemente in mega-eventi analoghi come le Olimpiadi invernali di Torino 2006 o il precedente EXPO di Saragozza, utilizzati dai paesi organizzatori come tentativi di ribalta mediatica che però han creato solamente un ulteriore debito per le casse pubbliche. Le grandi opere, o meglio, le grandi truffe, non sono così lontane dalla quotidianità bolognese, dove, dal cantiere TAV di via Corticella, dalla “riqualificazione” della trilogia navile, passando per il People Mover e arrivando al protocollo d’intesa tra Milano e Bologna (firmato in Ottobre da Pisapia e Merola e che costituirà un gemellaggio tra le due città per la gestione dell’EXPO 2015), si può toccare con mano lo sperpero di denaro e la distruzione di tessuti urbani e sociali che viene attuata. Le casse dello Stato sono ancora piene, il mito dell’assenza di fondi è una scusa per poter continuare a guadagnare sulle nostre schiene curve, sfruttando l’appiattimento sociale e la situazione di schiavitù in cui vorrebbero mantenerci, ed è per questo che bisogna portare avanti una situazione diffusa di ribellione e di lotta .
CRISI ECONOMICA, GRANDI OPERE E ALLUVIONI
Liguria, 5 terre, 12 Morti e più di 600 sfollati. Genova 6 Morti, tra cui 2 bambine, e mezza città allagata. Nel dopo disastro vediamo la corsa dei vari politicanti di turno a sfornare congetture sulle cause di questi disastri, c’è chi da la colpa al cambiamento climatico e chi sostiene l’imprevedibilità di una catastrofe simile e qualche tenue voce che accusa i vari politici che governano il territorio, di un irresponsabile menefreghismo nella gestione del territorio.
Italia: triste paese dove chi governa il proprio territorio è più propenso a spendere milioni di euro per iniziative e opere inutili, ma ben visibili, con la speranza di una prossima rielezione stando attenti a non pestare i piedi alle varie mafie del cemento. Si parla di ecologia,si parla di ambiente, si sa va di moda, ma sempre stando attenti a non toccare il motore dell’economia italiana, la distruzione del tuo territorio!
Ha ben di che arrabbiarsi chi ha reagito ad Aulla gettando badilate di fango addosso all’auto dell’ex ministro delle infrastrutture e del trasporto Matteoli e ai due sindaci della Luigiana, che transitavano nella zona disastrata. Come si fa a non reagire in quel modo di fronte a chi ha dato il via libera alla costruzione in zone dove mai si sarebbe dovuto costruire, di fronte a chi ha preferito investire in opere inutili piuttosto che garantire una sicurezza idrogeologica del territorio, persone come quei sindaci e quel ministro, sono i diretti responsabili di quelle morti. Purtroppo il problema è ben più ampio, non è semplicemente colpa di sindaci irresponsabili e di un ministro, è l’intero mondo politico italiano il responsabile di catastrofi simili.
Siamo il paese delle grandi opere, lo si può vedere bene in Val di Susa, si stanno investendo miliardi di euro per la costruzione di un inutile tunnel per l’alta velocità solo per la mera speculazione di potentati politico-economici, di destra e sinistra, senza pensare alla salute dei cittadini e del loro territorio.
Non importa ai politici italiani se il paese che governano sta crollando sotto il peso della cementificazione selvaggia, in questo momento di crisi è meglio tagliare indiscriminatamente i fondi pubblici per la gestione del territorio, ad esempio per la pulizia di canali e torrenti o un corretta gestione idrogeologica, la sicurezza non fa notizia, le grandi opere si, la gestione sostenibile non dà grandi e immediati guadagni, la risposta all’emergenza si (sopratutto per la protezione civile s.p.a).
Il problema non è però semplicemente politico, ma è il sistema economico su cui esso di basa cioè il capitalismo, sopratutto quello declinato all’italiana, in cui il profitto viene prima di salute e diritti delle persone, in cui il guadagno di banchieri, industriali, grandi imprese cementifere viene prima della salvaguardia del territorio su cui il libero mercato impone colture non sostenibili.
Il nostro ambiente non può sopportare un ecocidio a vantaggio del profitto di pochi, bisogna tener presente che il profitto è generato sulla nostra pelle e su quella delle generazioni a venire.
Bisogna dire basta a questa speculazione a scapito nostro, basta a questo sistema economico, basta ad una politica in cui servono i morti per parlare dei veri problemi.
La Val Susa ci ha dato un esempio su come reagire, ora è arrivato il momento di seguirlo!
COLLASSO
Da un articolo di stampa internazionale leggo di futures ed oscillazioni.
Industrie sementiere che non sostengono escludendo uno dei sette miliardi della popolazione mondiale traendone profitto. Produrre qualcosa, crollare e riprodurre con fini evoluzionistici, per noi, certo.
Società incatenata da media empatici applicanti modelli diversi, controllati da fluttuazioni e scommesse economiche. In un’ astrazione dalla realtà sociale, commerciale-economica di diritti ed ostentazioni, si dovrebbe tentare forse una destabilizzazione in una devastazione con cataclisma? Si riparte dai batteri, organismi, simbionti su un pianeta morto.
Eppure bagliori fugaci prima dell’abisso ci sono, come l’autoproduzione orticola nello smog cittadino stipato nel cemento e nel fango, sterminate distese di pannelli solari che rubano suolo ad un’agricoltura intensiva o altri interessi sociali, mari coperti di foreste di eolico…
Ignoranza e consapevolezza con applicazioni errate.
Ripristino dell’asse con una martellata, unica soluzione per un mondo affamato e cannibale? Il balzo in avanti è vicino, la forma di batterio organico a spasso per l’universo in una dimensione ostile aggrada.
Il pianeta e la comunità globale devono coesistere evolvendo in un nuovo modello economico differente dal capitalista, comunista, dittatoriale, tirannico? Un ritorno alle poleis o addirittura agli albori? Un passo in avanti nella speranza di un future incerto? Ottimizzare il tempo prima di disfunzioni nel sistema?
Sono soltanto deviazioni da un argomento ancora poco presente nella consapevolezza generale ed individuale, pure disconnessioni e divagazioni per il nulla che affoga nella stupidità.
INTRO
Un gruppo di studenti della facoltà di agraria a Bologna portano avanti un progetto collettivo ed autorganizzato, libero, aperto al confronto, esente da associazioni cattolico-lobbiste del retroscena, che si prefigge di contrastare la disinformazione che, attraverso iniziative, seminari o “semplici opinioni” durante le lezioni, certe “persone” della facoltà cercano di inculcarci, senza possibilità di contraddittorio. Le nostre idee spaziano da tematiche legate all’ambiente, la lotta alle multinazionali, l’utilizzo indiscriminato del territorio, le nocività, anche se non vogliamo che ci venga affidato il suffisso -isti. Hanno capitalizzato la nostra libertà, facendoci credere che essa è massima quando consumiamo, sprechiamo, abbiamo mille impegni, quando, cioè, abbiamo fretta, senza avere il tempo di pensare se una cosa ci serve veramente per vivere. Ok, tutto questo consumo serve a far respirare l’economia, ma siamo sicuri che poi l’economia farà respirare noi? La nostra idea è quella di creare un’informazione alternativa rispetto ai soliti schemi di impostazione tipica, i nostri articoli sono l’espressione naturale o meno di ciò che pensiamo, critichiamo, detestiamo del mondo in cui viviamo, della società e delle sue contraddizioni, in base a ciò che ci viene propinato.